Ci sono alcuni termini che sono divenuti molto famigliari ai datori di lavoro negli ultimi mesi: informazione ai lavoratori, riorganizzazione di spazi e turni di lavoro, smart working, mascherine chirurgiche ed FFP2/FFP3, pulizia e sanificazione…
L’emergenza sanitaria connessa alla diffusione del COVID-19 e la necessità di riprendere le attività di lavoro ha richiesto di mettere in discussione abitudini consolidate. Anche il medico competente, a volte lasciato ai margini, è tornato a essere centrale: i protocolli sicurezza hanno sottolineato l’importanza della sorveglianza sanitaria quale misura di prevenzione per intercettare possibili casi di contagio e momento in cui il medico del lavoro, in virtù della competenza specifica può contribuire alla formazione e all’informazione dei lavoratori in relazione al “rischio COVID”.
Il ruolo del medico competente in relazione all’attuazione dei protocolli sicurezza per il contenimento dei contagi da COVID-19 è importante però anche per altri due elementi: il medico competente deve sottoporre a visita il personale che rientra al lavoro dopo aver contratto l’infezione da COVID-19 (previa negativizzazione del tampone) e deve provvedere a identificare e segnalare al datore di lavoro situazioni di particolare fragilità, anche in relazione all’età, del personale, perché possa provvedere alla loro tutela . Ma in pratica che cosa significa?
Chi sono i soggetti fragili e suscettibili al COVID-19?
L’individuazione dei soggetti cosiddetti fragili o suscettibili al COVID-19 è di competenza esclusiva del medico competente, unico soggetto in possesso delle informazioni anagrafiche e anamnestiche per valutare se un dato lavoratore sia da considerarsi o meno fragile in relazione al rischio di infezione da COVID-19. A titolo esemplificativo sono considerati fragili i soggetti di età superiore ai 55 anni e/o immunodepressi, ipertesi, diabetici.
Come gestire questi lavoratori?
Una volta che il medico ha provveduto alla loro individuazione, si rende necessario un confronto con il datore di lavoro e l’RSPP al fine di valutare la compatibilità della fragilità con le condizioni di lavoro e la necessità di mettere in atto misure di prevenzione e protezione aggiuntive. Queste ultime sono volte in primo luogo a favorire un maggiore distanziamento dagli altri lavoratori e una maggiore protezione in caso di attività da svolgere a distanza inferiore al metro, come l’utilizzo di una visiera protettiva paraschizzi o l’utilizzo congiunto di occhiali protettivi e mascherina FFP2 o FFP3 (escludendo l’uso di quelle chirurgiche), oltre all’obbligo di indossare guanti monouso.
La valutazione delle misure specifiche deve essere oggetto di confronto tra il datore di lavoro e il medico competente, eventualmente consultando l’RSPP. Le misure individuate devono essere poi oggetto di specifica informativa al lavoratore interessato, al quale è opportuno richiedere l’impegno espresso al rispetto di quanto comunicato.
Tutela della privacy dei lavoratori fragili
I protocolli sicurezza COVID fanno esplicito riferimento alla necessità di garantire la tutela della privacy dei lavoratori cosiddetti fragili. Questo significa che il datore di lavoro non deve essere messo a conoscenza delle ragioni per cui un dato lavoratore sia da considerarsi fragile, ma ciò non toglie il diritto del lavoratore di ricevere dal medico competente tutti i chiarimenti in merito alla sua condizione che ritenesse opportuni.