La tecnologia è utile: pratica, rapida ed efficiente. Ma è anche fonte di stress in ambito lavorativo. Il problema non è tanto connesso alla difficoltà di utilizzo, comunque da non sottovalutare da parte di alcune fasce di lavoratori, quanto alla risposta che l’individuo mette in atto nel momento in cui si trova a dover gestire i continui e abbondanti flussi informativi veicolati dalle nuove tecnologie. Inserire il tecnostress nella propria lista di rischi lavorativi è il primo passo per individuare strategie per sfruttare i benefici della tecnologia e minimizzarne gli effetti negativi sulle persone e, quindi, sull’ambiente di lavoro.
Che cosa si intende per tecnostress
La tecnologia è uno strumento importante del lavoro moderno, direi irrinunciabile. Le sue caratteristiche favoriscono però lo sviluppo di comportamenti che possono portare a disturbi psicofisici e questi disturbi possono cronicizzarsi e compromettere lo stato di benessere dell’individuo.
Sono quattro le caratteristiche della tecnologia capaci di indurre effetti negativi nel lungo periodo:
- il flusso continuo di informazioni che si scontra con l’esigenza di recupero dell’organismo;
- la rapidità degli scambi informativi che non è sempre commisurata alle capacità fisiologiche;
- la molteplicità dei canali a disposizione che frammenta l’attenzione o la rimbalza in più direzioni;
- l’integrazione dei canali che rende potenzialmente infinita la connessione e lo scambio.
Ansia, ipertensione, insonnia, calo della concentrazione, disturbi gastrointestinali e cardiocircolatori, disturbi dell’alimentazione, alterazioni comportamentali, disturbi della sfera sessuale e relazionale sono i sintomi che gli studi hanno associato al tecnostress. E questi sintomi si risolvono in una diminuzione della qualità della vita e, in ambito lavorativo, nel calo della produttività e nell’aumento del rischio di incidenti e infortuni.
Il fattore personale
Non sono solo le caratteristiche del lavoro e della tecnologia a determinare la probabilità e l’entità delle eventuali conseguenze negative del tecnostress, le caratteristiche individuali contribuiscono all’esito.
Il grado di comfort nell’utilizzo della tecnologia cambia a seconda che gli strumenti tecnologici siano percepiti come facilitatori e siano fonte di curiosità o, al contrario, siano considerati un’imposizione e siano vissuti con diffidenza; inoltre la risposta individuale agli stimoli rende una stessa situazione lavorativa più o meno sostenibile e tollerabile.
Anche le abitudini extra lavorative possono aumentare o diminuire la capacità di fronteggiare la condizione di stress e il livello di consapevolezza di ciascuno in merito alle strategie operative da mettere in campo per non farsi sopraffare dai flussi informativi varia da persona a persona.
Misure di prevenzione e protezione
La variabilità individuale nell’esposizione allo stress indotto dalle tecnologie moderne non è però una giustificazione adeguata per lasciare in carico al singolo lavoratore la gestione del problema.
Il tecnostress deve infatti rientrare nella valutazione dei rischi relativamente a ogni specifico ambiente di lavoro e il datore di lavoro, con l’aiuto del servizio di prevenzione e protezione, deve individuare le adeguate misure di gestione.
Uno schema di ragionamento operativo prevede di ragionare su tre livelli di intervento successivi: prevenzione primaria, prevenzione secondaria e protezione.
La prevenzione primaria interviene sulla progettazione del lavoro e sullo sviluppo organizzativo, comprendendo politiche di lavoro che rispettino la vita privata dei lavoratori, il diritto alle pause di lavoro e incentivino comportamenti virtuosi (ex. pause caffè senza smartphone, utilizzo di dispositivi elettronici diversi per lavoro e vita privata).
La prevenzione secondaria si concentra sulla formazione dei lavoratori per renderli consapevoli delle pratiche poco salutari o dannose e delle tecniche psico-fisiche di gestione dello stress.
La protezione, infine, agisce sui sintomi con l’obiettivo di ridurli, favorendo la partecipazione a programmi di counseling e di assistenza personalizzati.
Il punto di partenza per una gestione efficace del tecnostress è però riconoscerne lo status di rischio lavorativo al pari di rischi che ci sono ormai più familiari. Questo significa accettare almeno due idee:
- che la prevenzione sul lavoro sta assumendo sempre più un approccio globale rispetto alla salute del lavoratore;
- che l’uso lavorativo di strumenti quotidiani non riduce l’onere di prevenzione in capo al datore di lavoro.