Dirigenti e preposti sicurezza in ambiti non produttivi

L'individuazione di dirigenti e preposti sicurezza in ambito produttivo è ormai pratica consolidata.

L’individuazione di dirigenti e preposti sicurezza in ambito produttivo è ormai pratica consolidata: si valutano le dimensioni aziendali, l’effettiva suddivisione di compiti e responsabilità andando al di là dei meri dettagli contrattuali, e nel caso si individui una distinzione tra chi elabora gli indirizzi in materia di salute e sicurezza, chi li attua e controlla e chi vigila sulla loro esecuzione, ecco che si prevede alla nomina e alla formazione di dirigenti (attuazione e controllo) e preposti (vigilanza).

Meno evidente è invece la necessità di procedere a tale valutazione nei reparti aziendali che eseguono attività tecnico- amministrative o in settori ricadenti nella classificazione di rischio basso ai sensi dell’Accordo Stato- Regioni del 11 dicembre 2011 (ex. commercio, informativa, assicurazioni, associazioni ricreative, culturali e sportive).

Meno evidente è invece la necessità di individuare dirigenti e preposti sicurezza nei reparti aziendali che eseguono attività tecnico- amministrative o in settori ricadenti nella classificazione di rischio basso.

Utile per mettere a fuoco questo aspetto risulta la guida per le imprese predisposta da ATS della Brianza “Il dirigente e il preposto, ruoli chiave del sistema di prevenzione” che, oltre a dettagliare i requisiti delle due figure del sistema di prevenzione aziendale, riporta anche alcuni esempi ragionati.

Nella sezione di analisi della figura dei dirigenti, la guida indica tra i suggerimenti per l’individuazione dei dirigenti in azienda:

  • il direttore acquisti/ responsabile degli acquisti/ responsabile affari generali, se determinante nella scelta e nella qualifica dei fornitori, degli impianti, delle attrezzature di lavoro e degli appalti interni ed esterni;
  • il direttore delle risorse umane/ responsabile delle risorse umane, se determinante nella selezione del personale, nell’attribuzione delle mansioni e nella pianificazione dei percorsi di formazione.
Utile per mettere a fuoco la necessità di individuare dirigenti e preposti sicurezza nei reparti aziendali che eseguono attività tecnico- amministrative o in settori ricadenti nella classificazione di rischio basso è la guida per le imprese predisposta da ATS della Brianza "Il dirigente e il preposto, ruoli chiave del sistema di prevenzione".

Per quanto riguarda invece la figura di preposto, due sono le indicazioni che voglio sottolineare:

  • accanto a capi-squadra, capi-reparto e capi-officina, ATS della Brianza cita i capi-ufficio e i capi-sala specificando che “rivestono il ruolo di preposto poiché rientra nei loro compiti vigilare sul lavoro dei componenti della squadra/ reparto/ officina/ ufficio/ sala, etc.“;
  • il preposto è colui che “indica operativamente il lavoro da svolgere e sovrintende (cioè coordina altri lavoratori soggetti a suoi ordini) alla sua esecuzione“.

Dirigenti e preposti sicurezza sono quindi figure che non dipendono esclusivamente dall’entità del rischio del reparto aziendale o dell’impresa, ma devono essere valutate e individuate in funzione della complessità della struttura aziendale al fine di rendere evidente chi elabora gli indirizzi in materia di salute e sicurezza (datore di lavoro), chi li attua e controlla (dirigente) e chi vigila sulla loro esecuzione (preposto), con la possibilità di individuare anche più linee e livelli gerarchici.

I documenti di valutazione dei rischi

La valutazione dei rischi a cui sono esposti i lavoratori è il cuore della gestione della salute e sicurezza sul lavoro: solo se si conoscono tipologia ed entità dei rischi si possono definire le misure di prevenzione e protezione efficaci per eliminarli, ridurli e prevenirli.

La valutazione dei rischi a cui sono esposti i lavoratori è il cuore della gestione della salute e sicurezza sul lavoro: solo se si conoscono tipologia ed entità dei rischi si possono definire le misure di prevenzione e protezione efficaci per eliminarli, ridurli e prevenirli.

Il D. L.vo 81/08 e ss.mm.ii. prevede che la valutazione sia sempre formalizzata, quindi messa per iscritto, e individua dei documenti specifici in cui farlo, a seconda della “situazione” nella quale si sta operando. Vediamoli uno per uno.

DVR, documento di valutazione dei rischi

Il DVR offre quindi un quadro complessivo e articolato rispetto alle caratteristiche della specifica attività lavorativa o, meglio ancora, della singola unità produttiva.

Si tratta del punto di partenza della gestione dei rischi di ogni impresa che abbia anche un solo lavoratore. I requisiti sono introdotti dall’art. 28 del D. L.vo 81/08 e ss.mm.ii., insieme agli elementi che deve contenere la valutazione:

  • scelta delle attrezzature di lavoro;
  • scelta delle sostanze o delle miscele chimiche impiegate;
  • sistemazione (organizzazione) dei luoghi di lavoro;
  • tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari (ex. quelli collegati allo stress lavoro-correlato, quelli riguardanti le lavoratrici in stato di gravidanza, quelli connessi alle differenze di genere, all’età, alla provenienza da altri Paesi e quelli connessi alla specifica tipologia contrattuale attraverso cui viene resa la prestazione di lavoro, quelli derivanti dal possibile rinvenimento di ordigni bellici inesplosi nei cantieri temporanei o mobili).

Il DVR offre quindi un quadro complessivo e articolato rispetto alle caratteristiche della specifica attività lavorativa o, meglio ancora, della singola unità produttiva.

DUVRI, documento unico di valutazione dei rischi da interferenze

Se l'impresa affida lavori, servizi o forniture a terzi, siano questi lavoratori autonomi o imprese, si deve preoccupare di identificare e gestire i rischi derivanti dall'interferenza tra la sua attività e quella dei lavoratori autonomi e/o delle imprese a cui ha affidato tali attività.

Se l’impresa affida lavori, servizi o forniture a terzi, siano questi lavoratori autonomi o imprese, si deve preoccupare di identificare e gestire i rischi derivanti dall’interferenza tra la sua attività e quella dei lavoratori autonomi e/o delle imprese a cui ha affidato tali attività. La gestione dei rischi da interferenze avviene predisponendo il DUVRI, documento unico di valutazione dei rischi da interferenze, il cui contenuto è dettagliato dal comma 3 dell’art. 26 del D. L.vo 81/08 e ss.mm.ii.

Ci sono 2 eccezioni.

1- Nel caso di servizi di natura intellettuale, mere forniture di materiali o attrezzature, lavori o servizi di durata non superiore a 5 uomini-giorno che non comportino rischio di incendio di livello elevato, attività in ambienti confinati e/o sospetti di inquinamento, presenza di agenti cancerogeni, mutageni o biologici, amianto o atmosfere esplosive o uno o più dei rischi particolari di cui all’allegato XI del D. L.vo 81/08 e ss.mm.ii. (cfr. foto seguente), non è richiesta la redazione del DUVRI.

2- Nel caso in cui le attività oggetto di affidamento comportino lavori edili o di ingegneria civile indicati nell’allegato X del D. L.vo 81/08 e ss.mm.ii. (cfr. foto seguente), si ricade nella fattispecie dei cantieri temporanei o mobili dove non trova più applicazione l’art. 26 (DUVRI) del decreto, ma si devono seguire le disposizioni del Titolo IV dello stesso decreto, che prevedono la predisposizione di PSC e POS.

PSC (Piano di Sicurezza e Coordinamento) e POS (Piano Operativo di Sicurezza)

Se le attività che un soggetto giuridico (committente) affida a un altro soggetto giuridico (impresa o lavoratore autonomo) comportano i lavori edili o di ingegneria civile indicati nell'allegato X del  D. L.vo 81/08 e ss.mm.ii., si  applicano le disposizioni del Titolo IV del decreto citato.

Se le attività che un soggetto giuridico (committente) affida a un altro soggetto giuridico (impresa o lavoratore autonomo) comportano i lavori edili o di ingegneria civile indicati nell’allegato X del D. L.vo 81/08 e ss.mm.ii., si applicano le disposizioni del Titolo IV del decreto citato.

Si configura così un cantiere temporaneo o mobile che viene considerato come fosse un'”unità produttiva” a sé stante, soggetta a regole specifiche. In questo caso l’individuazione, la valutazione e la gestione dei rischi viene formalizzata:

  1. mediante la redazione del PSC da parte del coordinatore per la sicurezza e del POS da parte di ogni singola impresa esecutrice dei lavori, in caso la realizzazione dell’opera richieda l’intervento, anche non contemporaneo, di più imprese esecutrici;
  2. in caso di esecuzione dei lavori da parte di un’unica impresa, mediante la predisposizione del solo POS di quest’ultima.

PSS (Piano di Sicurezza Sostitutivo)

Di PSS parlava l’articolo 131 del D.Lgs. 163/2006 (il "vecchio" Codice degli appalti) e continua a parlarne, relativamente ai contenuti del documento, l'allegato XV del D. L.vo 81/2008 e ss.mm.ii.

Di PSS parlava l’articolo 131 del D.Lgs. 163/2006 (il “vecchio” Codice degli appalti) e continua a parlarne, relativamente ai contenuti del documento, l’allegato XV del D. L.vo 81/2008 e ss.mm.ii.

La vecchia normativa in materia di appalti pubblici prevedeva che, in caso di appalto di lavori che non richiedesse il ricorso a più imprese esecutrici e, quindi, nemmeno la redazione del PSC da parte del coordinatore per la sicurezza, l’impresa affidataria dei lavori predisponesse il PSS, secondo i contenuti definiti dall’allegato XV del D. L.vo 81/2008 e ss.mm.ii.

Con l’entrata in vigore della nuova normativa relativa alla disciplina degli appalti pubblici (D. L.vo 50/2016), in vigore dal 19 aprile 2016, l’articolo 131 della normativa precedente è stato abrogato. Inoltre il D. L.vo 50/2016 non contiene più alcun riferimento all’obbligo di redazione/ consegna da parte dell’appaltatore del Piano di Sicurezza Sostitutivo. Allo stesso tempo, però, l’allegato XV del D. L.vo 81/2008 e ss.mm.ii. è rimasto nella sua forma originaria. Quindi? Quindi in caso di appalto di lavori a un’unica impresa, quest’ultima redige il proprio POS e… punto!

Tutto chiaro?

Il rapporto con il medico competente: consigli e opportunità

Il medico competente non vi dà la disponibilità di tempo e di informazioni per avere chiaro quel che succede? Forse è il caso che pensiate di rivolgervi a un altro professionista, perché la sua attività, se ben coordinata con quella dall'impresa, tutela anche il datore di lavoro e non solo i lavoratori, mentre se non si ha possibilità di interazione, allora si rischia diventi un boomerang del quale non è possibile nemmeno prevedere la traiettoria.

Gli si chiede di firmare il Documento di Valutazione dei Rischi, di visitare i lavoratori per accertarne l’idoneità alla mansione lavorativa, di fare il sopralluogo e di partecipare alla riunione periodica (per aziende o unità produttive con più di 15 lavoratori).

La sua attività viene percepita a volte come una scocciatura che impone limitazioni e prescrizioni alle possibilità operative dei lavoratori, ma la collaborazione continuativa tra datore di lavoro e medico competente consente al primo di prevenire problemi a suo carico e di tutelare in modo concreto la salute dei propri lavoratori.

L’importante è impostare il rapporto con il medico competente in modo efficace.

Valutazione dei rischi: come e perché coinvolgere il medico competente

La partecipazione del medico competente al processo di valutazione dei rischi ha due ragioni principali:

  • contribuire alla definizione delle mansioni o gruppi omogenei dei lavoratori in funzione dei rischi ai quali sono esposti nell’esecuzione delle loro attività, per poter arrivare a definire il protocollo sanitario, quindi tipologia e frequenza degli accertamenti sanitari ai quali ciascun lavoratore deve essere sottoposto;
  • avere un punto di vista specialistico che contribuisca a definire misure di prevenzione e protezione per la salute dei lavoratori. Alcuni esempi? L’individuazione di profilassi vaccinali o la definizione di requisiti fisici e non per svolgere attività specifiche, come il questionario per i lavoratori che si vogliono destinare ad attività in ambienti confinati e/o sospetti di inquinamento.
La partecipazione del medico competente al processo di valutazione dei rischi ha due ragioni principali: contribuire alla definizione delle mansioni o gruppi omogenei e avere un punto di vista specialistico che contribuisca a definire misure di prevenzione e protezione per la salute dei lavoratori.

Questa attività, che in termini astratti sembra porre solo vincoli e limitazioni, in pratica assicura la messa a fuoco di questioni che, se trascurate, diventerebbero fonte di problematiche a volte ingestibili a posteriori.

I consigli su questo fronte sono due.

1) Non dare mai per scontato che una determinata nuova attività non impatti sull’attività condotta dal medico competente o che il medico competente non possa fornire indicazioni operative e soluzioni utili. Meglio una telefonata o una mail in più per evitare di dover correre ai ripari poi. Questo aspetto è rilevante per chi opera in siti sempre diversi (ex. cantieri temporanei e/o mobili o manutenzioni in siti produttivi con caratteristiche differenti) e per chi decide di avviare nuove attività o di introdurre nuove modalità operative (ex. un’impresa edile che decide di sviluppare l’attività di carpenteria metallica per non dover ricorrere in modo sistematico a fornitori esterni).

2) Sollecitare risposte operative al medico competente senza la pretesa che sia lui a fornirle spontaneamente, in quanto il medico deve essere in grado di indicare in modo chiaro e pratico le strade da seguire ma non può immaginarsi quale sia la situazione specifica se non gli viene comunicata. Un esempio? Se per la prima volta i lavoratori possono entrare in contatto con agenti biologici (ex. un’impresa di demolizioni deve intervenire in un impianto di depurazione), il medico deve esserne informato per valutare la necessità di copertura vaccinale, ma potrebbe accadere che, pur ritenendo le vaccinazioni necessarie, in commercio non siano disponibili i vaccini. Quindi il medico deve fornire indicazioni su che cosa sia opportuno/necessario fare per poter dimostrare che tale obbligo non è assolvibile in quel dato momento.

La sorveglianza sanitaria, quando si basa su un protocollo sanitario ben studiato in relazione all'attività specifica, consente di fare prevenzione a 360°.

Sorveglianza sanitaria: il cuore della prevenzione

La sorveglianza sanitaria, quando si basa su un protocollo sanitario ben studiato in relazione all’attività specifica, consente di fare prevenzione a 360°.

L’aspetto più immediato è la rilevazione di situazioni cliniche che richiedono il coinvolgimento del medico curante di un dato lavoratore, prevenendo complicazioni di salute e tutelando il benessere dell’interessato, oppure la necessità di mettere in atto un progressivo o repentino cambio della mansione del lavoratore.

Meno evidente, ma non meno essenziale, è l’individuazione di condizioni cliniche la cui evoluzione richiede di valutare l’opportunità o la necessità per il datore di lavoro di denunciare una sospetta malattia professionale, prevenendo sia il rischio che siano altri soggetti a procedere senza preavviso (ex. i medici curanti) sia il rischio di procedimenti civili (richieste di risarcimento danni) da parte dei lavoratori.

Anche in questo caso sono la trasparenza e l’atteggiamento attivo gli elementi essenziali per poter gestire in modo efficace e positivo i dati più problematici che emergono dalla sorveglianza sanitaria.

Se si è costretti a prevedere di dedicare del tempo al sopralluogo annuale del medico competente e, per le aziende con più di 15 lavoratori, alla riunione periodica, è il caso di sfruttare quei momenti per condividere informazioni, problematiche e individuare soluzioni operative.

Sopralluogo e riunione periodica: due opportunità

Ci si lamenta spesso della quantità di obblighi imposti dalla normativa, trascurando la possibilità di trarre vantaggio dai vincoli di legge. Quel che intendo dire è che, se si è costretti a prevedere di dedicare del tempo al sopralluogo annuale del medico competente e, per le aziende con più di 15 lavoratori, alla riunione periodica, è il caso di sfruttare quei momenti per condividere informazioni, problematiche e individuare soluzioni operative.

Il medico competente non vi dà la disponibilità di tempo e di informazioni per avere chiaro quel che succede? Forse è il caso che pensiate di rivolgervi a un altro professionista, perché la sua attività, se ben coordinata con quella dell’impresa, tutela anche il datore di lavoro e non solo i lavoratori, mentre, se non si ha possibilità di interazione, si rischia diventi un boomerang del quale non è nemmeno possibile prevedere la traiettoria.


[L’obbligo della riunione periodica (art. 35, D. L.vo 81/08 e ss.mm.ii.) scatta per più di 15 lavoratori, cioè dai 16 in su: c’è scritto lavoratori, non c’è scritto dipendenti! Quindi, per esempio, un socio lavoratore è da conteggiare, così come un tirocinante o uno studente in alternanza scuola- lavoro. Per la definizione completa di “lavoratore” si fa riferimento all’art. 2 del D. L.vo 81/08 e ss.mm.ii.]

Dallo standard 18001 allo standard 45001

A partire dal 10 marzo 2020, lo standard BS OHSAS 18001:2007 verrà a riposo a favore del nuovo standard internazionale ISO 45001:2018. Ma che cosa accadrà?

Oggi una notizia per chi già ha confidenza con i sistemi di gestione per la sicurezza: a partire dal prossimo 10 marzo (2020), lo standard BS OHSAS 18001:2007 verrà definitivamente messo a riposo a favore del nuovo standard internazionale ISO 45001:2018 (versione italiana del 13 marzo 2018, UNI ISO 45001:2018).

Ma che cosa accadrà? Che cosa deve fare chi ha un sistema di gestione per la sicurezza certificato rispetto allo standard britannico?

Tempistiche di transizione dalla 18001 alla 45001

Il nuovo standard ISO 45001 è stato pubblicato il 12 marzo 2018 e la migrazione dal vecchio standard BS OHSAS 18001 al nuovo standard è stata pianificata come di consueto in 3 anni, ossia:

  • il vecchio standard sarà ritirato in data 12 marzo 2021 e a partire da quella data le certificazioni rispetto allo standard britannico non godranno più di alcun riconoscimento;
  • sino al 12 marzo 2021 restano valide sia le certificazioni emesse a fronte della nuova norma sia le certificazioni emesse a fronte della BS OHSAS 18001:2007;
  • tutte le certificazioni rilasciate secondo lo standard BS OHSAS 18001 durante il periodo di migrazione avranno una durata inferiore ai tre anni , e sul certificato sarà riportata come scadenza l’11 marzo 2021.
Il nuovo standard ISO 45001 è stato pubblicato il 12 marzo 2018 e la migrazione dal vecchio standard BS OHSAS 18001 al nuovo standard è stata pianificata come di consueto in 3 anni

Ma c’è un obbligo aggiuntivo: a partire dal 12 marzo 2020 gli enti di certificazione potranno effettuare audit solo secondo i requisiti dello standard 45001.

Come avviene la transizione della certificazione

L’audit di migrazione della certificazione del proprio sistema di gestione alla nuova norma può essere effettuato in concomitanza con un audit di mantenimento (secondo o terzo audit del ciclo triennale) oppure con un audit di rinnovo, aggiungendo in entrambi i casi almeno 1 giorno-uomo alla durata pianificata originariamente. È quindi opportuno richiedere l’adeguamento del contratto con l’ente di certificazione.

Si può prevedere la pianificazione di un audit straordinario per la verifica della migrazione alla nuova norma, ma questa possibilità è poco pratica e più onerosa in termini economici e di impegno di tempo.

Come anticipato, a partire dal 12 marzo 2020 gli enti di certificazione renderanno vincolante l’applicazione dei requisiti dello standard ISO 45001, ma perché la certificazione sia riconosciuta, l’ente dovrebbe essere già accreditato per il nuovo standard internazionale. In caso contrario, durante l’audit di transizione il sistema di gestione verrà valutato sia rispetto allo standard BS OHSAS 18001:2007 sia rispetto allo standard ISO 45001:2018 e, alla conclusione dell’iter di transizione dell’accreditamento, l’ente di certificazione provvederà a riemettere il certificato accreditato.

Per approfondire le novità dal lato degli enti di certificazione, è possibile consultare la Circolare informativa DC N° 08/2018 di Accredia.

Quando ci si trova nelle fasi di passaggio da una vecchia norma a una nuova capita spesso che qualcuno si perda informazioni più o meno di dettaglio... Per esempio, potresti incappare in bandi di gara che non tengono conto di tutti i passaggi richiesti per la transizione delle certificazioni dallo standard 18001 allo standard 45001 e, magari, escludere i riferimenti alle certificazioni BS OHSAS 18001 a favore di quelli alle certificazioni UNI ISO 45001 o viceversa. Che cosa fare?

Attenzione ai bandi di gara

Quando ci si trova nelle fasi di passaggio da una vecchia norma a una nuova capita spesso che qualcuno si perda informazioni più o meno di dettaglio… Per esempio, potresti incappare in bandi di gara che non tengono conto di tutti i passaggi richiesti per la transizione delle certificazioni dallo standard 18001 allo standard 45001 e, magari, escludere i riferimenti alle certificazioni BS OHSAS 18001 a favore di quelli alle certificazioni UNI ISO 45001 o viceversa. Che cosa fare? Sempre meglio segnalare l’aspetto alla stazione appaltante attraverso la presentazione di un quesito, eventualmente richiedendo il supporto del tuo consulente o direttamente dell’ente di certificazione per formularlo in modo puntuale.

Che cosa cambia, in sintesi, dallo standard 18001 allo standard 45001

La pubblicazione di uno standard internazionale (ISO) consente prima di tutto di superare il problema della riconoscibilità delle certificazioni dei sistemi di gestione della salute e sicurezza a livello internazionale. In origine, infatti, era stata la prassi, ossia l’assenza di uno standard internazionale, a diffondere il ricorso su scala globale allo standard 18001, che era però uno standard britannico (BS sta per British Standard) e come tale non consentiva il mutuo riconoscimento delle certificazioni emesse dagli enti dei diversi Stati (aspetto con risvolti pratici per chi opera su scala internazionale).

Inoltre il nuovo standard ISO adegua la struttura e la logica a quella dell’ultima edizione degli standard di riferimento per i sistemi di gestione per la qualità (ISO 9001:2015) e per l’ambiente (ISO 14001:2015), nell’ottica di semplificare lo sviluppo di sistemi di gestione integrati, quindi strutturati in modo da rispondere contemporaneamente ai requisiti dei diversi standard di riferimento.

Che cosa cambia, in sintesi, dallo standard 18001 allo standard 45001.

Uguale struttura significa anche uguale approccio, basato su

  1. valutazione del rischio;
  2. analisi del contesto dell’organizzazione;
  3. partecipazione attiva dell’alta direzione;
  4. consultazione e partecipazione dei lavoratori.

Per iniziare un confronto più dettagliato tra i due standard, ti invito a consultare la tabella di comparazione che puoi scaricare al link riportato di seguito. Se sei in cerca di soluzioni operative, invece, bisogna passare alla consulenza sul campo in quanto è necessario valutare sia come opera l’organizzazione sia la struttura attuale del sistema di gestione.

Risorse gratuite

Gestire gli escavatori idraulici abilitati al sollevamento

Strumento principe per le attività di scavo, gli escavatori e i miniescavatori idraulici, gommati o cingolati, vengono utilizzati nel settore delle costruzioni anche per la movimentazione dei carichi. Vediamo più nel dettaglio quali sono i requisiti per una corretta gestione degli escavatori idraulici abilitati per il sollevamento.

Conosciuti come strumento principe per eseguire attività di scavo, di piccole o grandi dimensioni, gli escavatori e i miniescavatori idraulici, gommati o cingolati, vengono utilizzati nel settore delle costruzioni anche per la movimentazione dei carichi. Per l’utilizzo come apparecchio di sollevamento l’escavatore deve essere appositamente abilitato, ossia predisposto dal produttore, e deve essere gestito dall’utilizzatore nel rispetto delle previsioni dell’art. 71, comma 11 del D. L.vo 81/08 e ss.mm.ii., cioè denunciato a INAIL ai fini della sua immatricolazione e sottoposto a verifiche periodiche con frequenza annuale.

Vediamo più nel dettaglio quali sono i requisiti per una corretta gestione degli escavatori idraulici abilitati per il sollevamento.

Quali sono i requisiti tecnici?

Escavatori e miniescavatori idraulici con una capacità di sollevamento pari ad almeno 200 kg (o superiore) possono essere forniti dal costruttore di componenti tecniche specifiche per consentirne l’abilitazione e l’utilizzo come apparecchi di sollevamento. Nello specifico si tratta di:

  1. valvole di sicurezza che garantiscono che il braccio non cali o non cada improvvisamente anche in caso di spegnimento del mezzo;
  2. benne con gancio o gancio sul braccio penetratore come punto di attacco del carico (ex. asole delle fasce o campanella delle catene utilizzate per imbragare il carico);
  3. segnalatore acustico di instabilità;
  4. sistema (chiave o tasto) di inserimento della modalità di sollevamento dei carichi;
  5. decalcomania con tabella dei carichi all’interno della cabina.
Escavatori e miniescavatori idraulici con una capacità di sollevamento pari ad almeno 200 kg (o superiore) possono essere forniti dal costruttore di componenti tecniche specifiche per consentirne l'abilitazione e l’utilizzo come apparecchi di sollevamento.

È fondamentale avere chiaro che gli escavatori idraulici abilitati per il sollevamento non sono provvisti di sistemi di blocco, ossia quando si raggiungono situazioni limite di carico (e quindi di possibile instabilità con rischi per la sicurezza degli operatori) non intervengono sistemi tecnologici a limitare il movimento, ma si attiva il solo segnalatore acustico specifico, concepito per segnalare la situazione di pericolo al conduttore del mezzo. È quindi essenziale che quest’ultimo sia consapevole che solo la sua azione può riportare la situazione di lavoro in una condizione di piena sicurezza.

Quali sono gli adempimenti amministrativi?

Il primo passo nella gestione degli escavatori come apparecchi di sollevamento è la verifica della dichiarazione di conformità CE che deve riportare la spunta in corrispondenza della variante per il sollevamento dei carichi. In assenza di questo dettaglio è necessario richiedere al fornitore di provvedere alla revisione della dichiarazione, ma anche verificare che il mezzo fornito presenti le componenti tecniche richieste per la variante abilitata al sollevamento dei carichi.

Successivamente la sequenza delle fasi amministrative è analoga a quella della gestione di ogni apparecchio di sollevamento, ossia:

  1. denuncia di messa in servizio dell’apparecchio di sollevamento tramite l’applicativo CIVA del sito INAIL;
  2. richiesta di prima verifica con almeno 45 giorni di anticipo sulla scadenza dell’anno dalla denuncia, tramite CIVA;
  3. richiesta di verifica successiva alla prima con almeno 30 giorni di anticipo sulla scadenza dell’anno dalla verifica precedente.

La frequenza annuale della verifica è dettata dal settore di utilizzo, quello delle costruzioni.

Qual è la portata massima degli escavatori idraulici abilitati al sollevamento?

Analogamente a quanto accade per le specifiche relative allo scavo, un dato modello di escavatore ha una capacità di sollevamento variabile. Tale variabilità dipende in primo luogo dalla configurazione scelta, caratterizzata da una data larghezza del carro e dalla tipologia di braccio (monoblocco o con possibilità di diverse lunghezze di braccio penetratore).

Analogamente a quanto accade per le specifiche relative allo scavo, un dato modello di escavatore ha una capacità di sollevamento variabile. Tale variabilità dipende in primo luogo dalla configurazione scelta, caratterizzata da una data larghezza del carro e dalla tipologia di braccio (monoblocco o con possibilità di diverse lunghezze di braccio penetratore). Infine, la portata di una specifica configurazione di un modello di escavatore dipende:

  • dalla distanza del punto di attacco del carico dal baricentro del mezzo d’opera;
  • dalla posizione del braccio durante il sollevamento (parallela o perpendicolare al carro).

Per poter individuare la portata massima della specifica configurazione dell’escavatore è quindi necessario fare riferimento alla tabella dei carichi che il produttore deve applicare come decalcomania nella cabina e, talvolta, riporta anche nel manuale d’uso e manutenzione. Tale tabella individua delle posizioni tipiche e specifica la portata corrispondente dell’escavatore in chilogrammi o tonnellate. La portata massima sarà quindi corrispondente al valore più alto contenuto nella tabella.

In che cosa consiste la verifica periodica degli escavatori abilitati al sollevamento?

Che si tratti di prima verifica o delle successive, l’attività si sviluppa essenzialmente in tre fasi:

  1. verifica dei dati identificativi dell’escavatore (numero di matricola e matricola INAIL);
  2. verifica visiva per accertare la presenza della sicurezza sul gancio di attacco del carico e l’assenza di anomalie evidenti del mezzo;
  3. verifica funzionale con attacco di carico di peso prossimo alla portata massima per accertare che il segnalatore acustico funzioni una volta raggiunte le condizioni limite e che il sistema idraulico comprensivo delle valvole di sicurezza funzioni correttamente (quindi che il braccio non cada o semplicemente non cali quando il mezzo viene spento in condizione di carico).
L’articolazione del corso per operatori addetti alla conduzione di escavatori idraulici prevista dall’Accordo citato comprende un modulo specifico relativo alle operazioni di movimentazione carichi, pertanto non è necessaria alcuna formazione aggiuntiva rispetto a quella già prevista dalla normativa in vigore.

È necessaria una formazione aggiuntiva per gli operatori?

Gli escavatori rientrano nella categoria delle macchine movimento terra e nel campo di applicazione dell’Accordo Stato Regioni del 22 febbraio 2012,concernente l’individuazione delle attrezzature di lavoro per le quali è richiesta una specifica abilitazione degli operatori. L’articolazione del corso per operatori addetti alla conduzione di escavatori idraulici prevista dall’Accordo citato comprende un modulo specifico relativo alle operazioni di movimentazione carichi, pertanto non è necessaria alcuna formazione aggiuntiva rispetto a quella già prevista dalla normativa in vigore.

Il nuovo applicativo CIVA di INAIL: 5 consigli di utilizzo

Con l'applicativo CIVA INAIL ha dato il via alla gestione informatizzata delle pratiche relative a impianti e attrezzature. Eccoti 5 consigli di utilizzo.

Dal 27 maggio 2019 INAIL ha messo a disposizione l’applicativo CIVA per la gestione informatizzata di pratiche relative alla gestione di impianti e attrezzature, pagamenti compresi.

Le pratiche che si possono presentare e gestire attraverso CIVA sono :

  • la denuncia di impianti di messa a terra;
  • la denuncia di impianti di protezione da scariche atmosferiche;
  • la messa in servizio e immatricolazione di attrezzature di sollevamento;
  • il riconoscimento di idoneità dei ponti sollevatori per autoveicoli;
  • le prestazioni su attrezzature di sollevamento non marcate CE;
  • la messa in servizio e immatricolazione di ascensori e montacarichi da cantiere;
  • la messa in servizio e immatricolazione di apparecchi a pressione singoli e degli insiemi;
  • l’approvazione del progetto e verifica primo impianto di riscaldamento;
  • le prime verifiche periodiche.

La Circolare n.12 del 13 maggio 2019 ha dichiarato la sospensione della gestione delle pratiche con posta ordinaria o attraverso PEC, vincolando all’utilizzo dell’applicativo CIVA attraverso la sezione dei servizi online del sito dell’ente assicurativo.

Dal 27 maggio 2019 INAIL ha messo a disposizione l'applicativo CIVA per la gestione informatizzata di pratiche relative alla gestione di impianti e attrezzature, pagamenti compresi.

La combinazione tra la novità dell’applicativo e il grande numero di utenti ha determinato alcuni disservizi in fase di avvio e, ancora adesso, a distanza di 5 mesi dalla messa in funzione, si riscontrano anomalie operative che richiedono di abbandonare l’area riservata e di ricompilare pratiche che si pensava di avere completato. A questo si aggiunge che, nell’epoca delle app, le modalità di utilizzo di CIVA non sono del tutto intuitive. È però possibile migliorare l’esperienza di utilizzo seguendo qualche consiglio.

Consiglio n.1: fare riferimento al manuale utente

INAIL ha messo a disposizione un Manuale utente ben strutturato. Non è necessario leggerlo tutto d’un fiato ma è utile tenerlo sotto mano durante la compilazione della pratica, almeno le prime volte.

In questo modo, per esempio, si può scoprire come riuscire a visualizzare le pratiche presentate prima dell’entrata in esercizio dell’applicativo CIVA che non risultano associate automaticamente al profilo utente selezionato: il capitolo 16 del Manuale parla della funzione di richiesta di visualizzazione apparecchi/ pratiche, che risolve il problema.

INAIL ha messo a disposizione un Manuale utente dell'applicativo CIVA ben strutturato. Non è necessario leggerlo tutto d'un fiato ma è utile tenerlo sotto mano durante la compilazione della pratica, almeno le prime volte.

Consiglio n.2: verificare credenziali e profilo di accesso

Chi già accede all’area dei servizi online del sito INAIL non avrà difficoltà, ma è importante che selezioni il profilo corretto (per esempio, all’applicativo si accede come legale rappresentante e non come datore di lavoro). Inoltre è stata introdotta la figura del consulente per le attrezzature e impianti, che un’azienda potrebbe scegliere di sfruttare per delegare l’incarico di presentazione delle pratiche a uno specifico soggetto interno all’azienda. Infine, le modalità di accesso cambiano a seconda del soggetto che deve utilizzare CIVA. Quindi una verifica iniziale di credenziali e profilo di accesso (eventualmente scorrendo il capitolo 2 del Manuale utente) è un buon modo per evitare la frustrazione ancora prima della compilazione della prima pratica.

Consiglio n.3: avvisi di fuori servizio

Come tutti gli applicativi online, anche CIVA è soggetto a manutenzioni e verifiche, per cui capitano sospensioni programmate del servizio che vengono comunicate da INAIL sulla home page del suo sito. Se stai programmando il tuo lavoro e prevedi di dover utilizzare il portale, allora è il caso che verifichi che non ci siano giornate o fasce orarie di temporanea indisponibilità del servizio all’orizzonte.

L'esperienza racconta di connessioni internet altalenanti, misteriosi messaggi di errore o inspiegabili logout dai servizi online proprio dopo aver cliccato sul bottone di invio della pratica.

Consiglio n.4: lungimiranza

Il passaggio ai servizi informatizzati genera l’aspettativa dell’efficienza e della rapidità, per cui si pensa di poter procedere alla compilazione delle pratiche sotto scadenza, “tanto che cosa vuoi che succeda?“. L’esperienza racconta di connessioni internet altalenanti, misteriosi messaggi di errore o inspiegabili logout dai servizi online proprio dopo aver cliccato sul bottone di invio della pratica. Quindi sii lungimirante e procedi alla gestione della pratica con qualche giorno di margine sulle scadenze: se qualcosa andasse storto, avrai un altro paio di giorni per ritentare.

Consiglio n.5: organizzazione

Anche l’idea che CIVA offra il grande vantaggio di una visione sintetica di mezzi, attrezzature e pratiche in gestione da parte del singolo utente è fuorviante, soprattutto perché le pratiche vengono identificate attraverso numeri di protocollo irriconoscibili a colpo d’occhio, difficoltà che si presenta anche per distinguere le comunicazioni inviate dell’utente da quelle trasmesse da INAIL. Quindi sii ordinato e archivia la copia pdf delle ricevute create dall’applicativo CIVA in modo che sia immediato ricollegare i numeri di protocollo ai codici dell’attrezzatura o dell’impianto utilizzati in azienda. Inoltre creati uno scadenzario delle pratiche che stai gestendo che ti consenta di avere sempre chiaro a che punto del processo sei arrivato (ex. immatricolazione completata e prima verifica in scadenza tra un anno; in attesa di rilascio di matricola da INAIL).

Il modo migliore per imparare a utilizzare l'applicativo CIVA è quello di fare un po' di pratica.

A questo punto non ti resta che iniziare a fare un po’ di pratica.