I contenuti minimi degli attestati di formazione

Gli attestati di formazione sono parte strategica della documentazione dei nuovi assunti. Bisogna però verificare i contenuti minimi.

Nonostante la formazione sicurezza continui a essere vissuta da molti come un onere fastidioso (o proprio per questo motivo), gli attestati di formazione stanno diventando sempre più parte essenziale della documentazione dei nuovi assunti con esperienza lavorativa precedente. Assumere un lavoratore in possesso di tutti gli attestati necessari per svolgere le attività affidategli contrattualmente consente infatti l’inserimento quasi immediato nel ciclo produttivo. Essenziale in questo senso è la verifica della validità della formazione, non solo in termini di completezza e adeguatezza rispetto alla mansione affidata, ma anche in termini di contenuti minimi degli attestati di formazione.

Perché verificare anche la forma e non solo la sostanza

Non si tratta di scartare ogni attestato che presenta delle incongruenze, ma è opportuno dedicare del tempo per verificarne le mancanze, eventualmente contattando il soggetto che lo ha emesso o chiedendo al lavoratore se dispone di altra documentazione relativa al corso.

Immaginiamo di avere verificato gli attestati di formazione di un candidato con lunga esperienza nel settore. Lui è stato preciso e ha raccolto con cura ciascun attestato, quindi abbiamo la formazione iniziale e gli aggiornamenti, la formazione per singole attrezzature e attività specifiche come gli ambienti confinati o la gestione delle emergenze d’incendio. Ci sono però dei dettagli che non ci sono chiari: un paio di attestati non sono firmati da nessuno, in un altro caso la durata del corso di 16 ore non coincide con le date di erogazione del corso perché è segnata una sola data. Possiamo considerare validi questi attestati? Non così come sono! Per almeno due motivi:

  1. se è sorto a noi il sospetto della loro correttezza/ veridicità, il sospetto può sorgere a chiunque altro, anche a chi fa controlli e applica sanzioni…
  2. dal 2011 in poi, con l’entrata in vigore degli Accordi Stato – Regioni che hanno sempre più regolamento la formazione, si hanno delle indicazioni uniformi e semplici in relazione ai contenuti minimi degli attestati di formazione, per cui la verifica diventa semplice una volta capito il meccanismo.
Dal 2011 in poi, con l'entrata in vigore degli Accordi Stato - Regioni che hanno sempre più regolamento la formazione, si hanno delle indicazioni uniformi e semplici in relazione ai contenuti minimi degli attestati di formazione.

Con questo non intendo dire che ogni attestato che presenta delle incongruenze vada scartato, ma che è opportuno dedicare del tempo per verificarne le mancanze, eventualmente contattando il soggetto che lo ha emesso o chiedendo al lavoratore se dispone di altra documentazione relativa al corso, come il programma di formazione.

I 6 contenuti minimi degli attestati di formazione

Che cosa bisogna verificare dal punto di vista formale? 6 aspetti.

Li elenco di seguito rielaborando i requisiti degli Accordi Stato – Regioni del 21 dicembre 2011, del 22 febbraio 2012 e del 7 luglio 2016:

  1. denominazione del soggetto organizzatore/ formatore;
  2. normativa di riferimento;
  3. dati anagrafici del corsista, con riferimento alla mansione per quanto riguarda la formazione di lavoratori/ preposti/ dirigenti;
  4. tipologia di corso seguita, settore di riferimento (codice ATECO), durata e monte ore frequentato;
  5. periodo di erogazione del corso;
  6. firma del soggetto organizzatore/erogatore
I contenuti minimi degli attestati di formazione sono di fatto 6 e sono semplici da verificare.

Per chi volesse, di seguito è possibile scaricare la tabella di confronto dei requisiti dei contenuti minimi degli attestati di formazione degli Accordi che ho citato poco sopra.

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Le obiezioni dei lavoratori ai corsi sulla sicurezza

Ho deciso di scrivere un articolo scomodo. Un articolo che raccoglie le obiezioni che ho sentito esprimere da più lavoratori durante i miei corsi sulla sicurezza. E non si tratta di obiezioni alla mia docenza, ma all'utilità o all'applicabilità delle nozioni che si cerca di trasmettere.

Ho deciso di scrivere un articolo scomodo. Un articolo che raccoglie le obiezioni che ho sentito esprimere da più lavoratori durante i miei corsi sulla sicurezza. E non si tratta di obiezioni alla mia docenza, ma all’utilità o all’applicabilità delle nozioni che si cerca di trasmettere. Perché pubblicare queste obiezioni? Perché danno l’idea della complessità della situazione e rappresentano gli ostacoli da affrontare se si vuole che la formazione sia efficace. Ma, se si vuole essere intellettualmente onesti, bisogna anche ammettere che offrono spunti per migliorare l’organizzazione del lavoro in azienda.

“Sono cose inutili”

Ci sono casi in cui l'idea che i corsi sulla sicurezza siano inutili è una certezza fondata su due dati:

A volte è solo un pregiudizio. Chi esprime questa opinione si è appena seduto in aula e non saprebbe dire con precisione di che cosa si parlerà. Provare a verificare se cambia idea durante la lezione è un modo per testare la propria capacità di ascolto, qualità essenziale per un docente.

Ci sono casi, però, in cui l’idea che i corsi sulla sicurezza siano inutili è una certezza fondata su due dati:

  1. l’esperienza di innumerevoli volte in cui il lavoro è stato effettuato senza accorgimenti, e senza che nessuno (per fortuna o destino) si sia fatto nulla. Come se il non aver sperimentato direttamente il problema dimostri quanto il problema sia futile o del tutto inesistente;
  2. l’ostilità con cui alcune procedure sono accolte da parte di superiori o proprietà aziendali. In pratica questa ostilità genera una sensazione di impotenza rispetto a un metodo di lavoro che non si può decidere in autonomia, se non rischiando di creare tensioni nei rapporti di lavoro, pur nella certezza della sua bontà. E arriva anche a produrre situazioni di imbarazzo, con personale che viene deriso e sminuito anziché apprezzato per aver ricordato di mettere in pratica quello che gli è stato insegnato.
Oltre a confermare il fatto che la rapidità, considerata sinonimo di produttività, viene spesso prima della sicurezza, questa obiezione rivela quanto sia radicata l'idea che la sicurezza sia un dettaglio slegato dalla quotidianità operativa.

“Non abbiamo tempo di fare quello che dite”

Oltre a confermare il fatto che la rapidità, considerata sinonimo di produttività, viene spesso prima della sicurezza, questa obiezione rivela quanto sia radicata l’idea che la sicurezza sia un dettaglio slegato dalla quotidianità operativa, una cornice entro la quale forzare comportamenti e procedure. E non, al contrario, una componente essenziale del proprio lavoro, necessaria perché lo si possa definire eseguito a regola d’arte.

“Bella la teoria! Però in pratica non funziona così”

Non è sufficiente sapere quali sono i vincoli della sicurezza, ma bisogna anche capire quali sono i principi su cui questi vincoli si fondano: questo è l'unico modo per affrontare le difficoltà operative.

Ci sono tante prescrizioni nella normativa in materia di sicurezza, ma la sicurezza non è solo una lista di obblighi e divieti da mettere in atto. E questa è forse la questione più complicata da trasmettere, quella che rende più immediato lo scontro tra l’approccio burocratico-intellettual-intransigente e quello operativo-maneggione-sbrigativo. Il fatto è che non è sufficiente sapere quali sono i vincoli della sicurezza, ma bisogna anche capire quali sono i principi su cui questi vincoli si fondano: questo è l’unico modo per affrontare le difficoltà operative, le situazioni differenti e mutevoli e tutte le variabili del comportamento umano. L’obiettivo dei corsi sulla sicurezza è far capire che l’antidoto alle difficoltà operative non è trascurare i vincoli di legge, ma trovare una soluzione che non li violi.

Soluzioni ne abbiamo?

Non ho una soluzione efficace alle obiezioni dei lavoratori ai corsi sulla sicurezza. Ho più che altro una proposta, che consiste nel non fare finta di non sentire ma anche nell'evitare di giudicare.

Se avessi una soluzione, cioè una risposta efficace, sempre e comunque, a queste obiezioni, non sarei qui a parlarne. Ho più che altro una proposta, che consiste nel non fare finta di non sentire ma anche nell’evitare di giudicare. Credo che il primo passo da fare sia quello di accogliere queste obiezioni e provare a mostrare la questione da un altro punto di vista, spostando l’attenzione da ciò che sarebbe bello gli altri facessero a quello che ciascuno di noi può iniziare a fare.

Poi, magari, un giorno parlerò delle obiezioni dei datori di lavoro… Poi. Magari.

La formazione continua del RSPP “esterno”

L'obbligo dell'aggiornamento per l'RSPP esterno si inquadra nella dimensione della life long learning, cioè della formazione continua nell'arco della vita lavorativa.

Si parla comunemente di RSPP esterno per distinguerlo dal caso in cui la funzione di RSPP è svolta direttamente dal datore di lavoro ma, di fatto, il soggetto che svolge la funzione di RSPP senza essere datore di lavoro può essere sia un consulente esterno sia un dipendente, per questioni di strategia o per obbligo di legge.

I dettagli della formazione dell’RSPP “esterno” sono a oggi definiti dall’Accordo Stato – Regioni del 2016, che ha apportato modifiche alla disciplina precedente (Accordo Stato – Regioni del 2006). Oltre ai requisiti di istruzione/formazione/esperienza previsti per poter svolgere l’incarico, una novità importante e a volte trascurata riguarda la modalità di aggiornamento della formazione di questa figura.

Quante ore di aggiornamento per l’RSPP “esterno”?

La formazione degli RSPP che non sono datori di lavoro prevede un aggiornamento di almeno 40 ore, qualunque sia il settore operativo, nel quinquennio. E la definizione di questo quinquennio è la novità più rilevante dell’Accordo del 2016.

La formazione degli RSPP che non sono datori di lavoro prevede un aggiornamento di almeno 40 ore, qualunque sia il settore operativo, nel quinquennio.

Come si calcola il quinquennio?

La questione del calcolo del quinquennio non è definita in modo univoco.

Partiamo dalle certezze, che riguardano i soggetti esonerati alla frequenza dei corsi specifici (moduli A, B e C), perché in possesso di titoli di studio che abilitano allo svolgimento dell’incarico (art. 32, comma 5 del D. L.vo 81/08 e punto 1, Allegato A dell’Accordo del 2016), e chi si è formato dopo l’entrata in vigore dell’Accordo del 2016:

  • per i primi il calcolo del quinquennio parte dal 15 maggio 2008 (data di entrata in vigore del D. L.vo 81/08) o dalla data di conseguimento della laurea, se successiva al 15 maggio 2008;
  • per i secondi, invece, il calcolo del quinquennio parte dalla conclusione del corso relativo al modulo B comune a tutti i settori.
Mentre il primo quinquennio di aggiornamento della formazione per RSPP esterno sembra calcolarsi in avanti, i quinquenni successivi si devono verificare a ritroso.

A queste indicazioni se ne aggiungono altre tre. L’Accordo precisa che:

  1. è preferibile che il monte ore di aggiornamento venga distribuito nel quinquennio anziché essere concentrato in un unico periodo;
  2. l’obbligo dell’aggiornamento per RSPP “esterni “si inquadra nella dimensione della life long learning, cioè della formazione continua nell’arco della vita lavorativa“;
  3. per poter esercitare la funzione di RSPP (esterno) è necessario dimostrare, in ogni istante, che nel quinquennio antecedente si è partecipato a corsi di formazione per un numero di ore non inferiore a quello minimo previsto.

Quindi, mentre il primo quinquennio di aggiornamento sembra calcolarsi in avanti (dal 15.05.2008, dalla data di laurea o di conclusione del modulo B comune), i quinquenni successivi si devono verificare a ritroso: considerata una data specifica si deve verificare se nel quinquennio precedente è stato raggiunto il monte ore minimo, cioè le 40 ore di aggiornamento.

Una conferma di questa interpretazione è contenuta nella circolare n.296 del 16 ottobre 2018 del Consiglio Nazionale degli Ingegneri. E la conseguenza più immediata è che, per mantenere la qualifica nel tempo, la soluzione più pratica per avere continuità è di prevedere 8 ore di aggiornamento all’anno.

Di fatto non risulta possibile svolgere l'incarico di RSPP esterno sino al completamento dell'aggiornamento mancante, ma non viene meno la validità del percorso formativo effettuato.

In caso di ritardo nell’aggiornamento?

Di fatto non risulta possibile svolgere l’incarico di RSPP sino al completamento dell’aggiornamento mancante, ma non viene meno la validità del percorso formativo effettuato.

Come aggiornare la formazione?

L’aspetto incoraggiante è che l’aggiornamento può essere eseguito interamente in modalità e-learning e, per il 50%, partecipando a consegni o seminari che trattino argomenti coerenti con quelli previsti dall’Accordo per i corsi di aggiornamento.

Inoltre i corsi di aggiornamento per i formatori sicurezza e per i CSP/CSE sono validi anche per l’aggiornamento dell’RSPP.

5 consigli per una formazione sicurezza efficace

La formazione sicurezza ha come finalità quella di dare forma a comportamenti di lavoro sicuri, per chi li attua e per chi ne è influenzato.

La formazione sicurezza ha come finalità quella di dare forma a comportamenti di lavoro sicuri, per chi li attua e per chi ne è influenzato. E questo aspetto dovrebbe essere il preambolo di qualunque corso sicurezza, per sgombrare il campo dall’idea che sia solo un discutibile obbligo calato dall’alto e riportarlo in quello dell’utilità pratica. Allo stesso tempo l’attenzione ai risvolti operativi dovrebbe rappresentare un monito per i formatori affinché il loro lavoro sia davvero efficace.

Ci sono però altri 4 consigli che invito a seguire per erogare una formazione sicurezza efficace e non solo a prova di ispezione.

1. In parole semplici

Pare che un corso di formazione sicurezza non possa dirsi tale se non comprende una lista di termini e definizioni copiati dal Testo Unico Sicurezza e qualche citazione dei suoi articoli.

Pare che un corso di formazione sicurezza non possa dirsi tale se non comprende una lista di termini e definizioni copiati dal Testo Unico Sicurezza e qualche citazione dei suoi articoli. La convinzione che si possa parlare di obblighi di legge solo riportando parola per parola i testi è limitante e controproducente: serviranno più parole, forse, precisazioni, di certo, ma è possibile tradurre in parole semplici la questione e farsi capire da chiunque. L’unico requisito necessario per riuscire a cambiare le parole senza cambiare il significato del discorso è avere chiaro ciò di cui si deve parlare!

2. Concretezza e coerenza

Se è vero che l'addestramento è un'attività separata e distinta dalla formazione, è altrettanto vero che la formazione non deve passare necessariamente per concetti astratti.

Se è vero che l’addestramento è un’attività separata e distinta dalla formazione, è altrettanto vero che la formazione non deve passare necessariamente per concetti astratti. Anzi, è verissimo il contrario: è cosa buona e giusta che la formazione venga calata nella realtà attraverso esempi, esercizi e simulazioni. Deve essere reale e realistica.

Concretezza è anche parlare di ciò che è previsto a programma, invece di infarcire le ore di riferimenti di legge senza arrivare mai alla sostanza. Perché chiunque partecipi a un corso di formazione sicurezza ha un’unica domanda in testa e per la quale si aspetta una risposta:

“in pratica che cosa devo fare?”

3. Nuotare nel mare tra il dire e il fare

Essere consapevoli della difficoltà della messa in pratica e delle variabili che la influenzano è essenziale. Ci si guadagna in credibilità,

Lasciamo stare la delicata questione che riguarda se sia possibile o meno mettere in pratica tutto quanto è previsto dalla normativa. Ma essere consapevoli della difficoltà della messa in pratica e delle variabili che la influenzano è essenziale. Ci si guadagna in credibilità, anche se si vuole proporsi come intransigenti della materia. E si può facilmente avviare un confronto costruttivo con chi, sempre in trincea, ne vede ogni giorno di nuove.

4. Attenzione al giudizio

Fare della sicurezza sul lavoro una questione morale è forse il modo più sicuro per risultare irritanti. Si finisce per giudicare chi non attribuisce valore all'argomento con il risultato di trovarsi su schieramenti opposti senza possibilità di comunicazione.

Fare della sicurezza sul lavoro una questione morale è forse il modo più sicuro per risultare irritanti. Si finisce per giudicare chi non attribuisce valore all’argomento con il risultato di trovarsi su schieramenti opposti senza possibilità di comunicazione. E, se il canale della comunicazione si chiude, si perde ogni possibilità di trasferire anche le nozioni più banali.

Per altro, se tutto quello che si riesce a fare è giocarsela sul piano morale, non è inevitabile dare l’impressione di non avere argomenti a sostegno dell’utilità della formazione sicurezza che tanto si declama?

La formazione obbligatoria per il datore di lavoro

Non esiste una formazione minima richiesta, cioè la formazione obbligatoria per il datore di lavoro si individua in base ai ruoli che ricopre e alle attività che svolge nell'ambito dell'impresa.

Il datore di lavoro ha l’obbligo di formare, direttamente o per il tramite di formatori, i propri lavoratori. Ma quali corsi deve seguire in prima persona? Non esiste una formazione minima richiesta, cioè la formazione obbligatoria per il datore di lavoro si individua in base ai ruoli che ricopre e alle attività che svolge nell’ambito dell’impresa.

Ruoli aziendali per i quali il datore di lavoro deve essere formato

Nei casi previsti dall’allegato II del D. L.vo 81/08 e ss.mm.ii, il datore di lavoro può svolgere direttamente l’incarico di RSPP. E, per svolgere l’incarico, deve aver frequentato il corso di formazione specifico in base al rischio aziendale e deve procedere all’aggiornamento quinquennale.

Per svolgere l'incarico di RSPP il datore di lavoro deve aver frequentato il corso di formazione specifico.

Non sono previste invece limitazioni (dopo la modifica al Testo Unico Sicurezza del 2015) ai casi in cui il datore di lavoro svolga la funzione di addetto alla gestione delle emergenze, primo soccorso o antincendio. Come per il caso del RSPP, il requisito necessario è che frequenti il corso di formazione necessario in base alla classificazione dell’attività (a rischio basso, medio o elevato) e dell’azienda (gruppo A, B o C) e, periodicamente, a quello di aggiornamento.

Attività con formazione obbligatoria per il datore di lavoro

Se il datore di lavoro partecipa, anche con sola funzione di vigilanza e recupero in caso di emergenza, alle attività in spazi confinati e/o sospetti di inquinamento, allora dovrà essere in possesso di attestato di formazione sull’argomento. Così richiede la norma di riferimento, il DPR 177/2011.

Se il datore di lavoro partecipa, anche con sola funzione di vigilanza e recupero in caso di emergenza, alle attività in spazi confinati e/o sospetti di inquinamento, allora dovrà essere in possesso di attestato di formazione sull'argomento.

Il datore di lavoro deve essere in possesso di formazione specifica, aggiornata, anche nel caso utilizzi una o più delle attrezzature previste dall’Accordo Stato- Regioni del 22 febbraio 2012:

  • piattaforme di lavoro elevabili;
  • gru a torre;
  • gru mobile;
  • gru su autocarro;
  • carrelli elevatori semoventi con conducente a bordo;
  • trattori agricoli o forestali;
  • macchine movimento terra;
  • pompa per calcestruzzo.

Esiste un altro caso in cui la normativa prevede esplicitamente che la formazione di cui parla debba essere in possesso anche del datore di lavoro, se coinvolto nelle attività, ed è il corso per addetti ai sistemi di accesso e posizionamento mediante funi o alla sorveglianza di tale attività previsto dall’allegato XXI del D. L.vo 81/08 e ss.mm.ii.

sono sempre esclusi dalla formazione obbligatoria per il datore di lavoro i corsi per preposti e dirigenti e la formazione "base" (generale e specifica).

Esclusioni

Concludo con due precisazioni che ho imparato a non dare per scontate:

  1. sono sempre esclusi dalla formazione obbligatoria per il datore di lavoro i corsi per preposti e dirigenti e la formazione “base” (generale e specifica)!
  2. quando la normativa prevede che il datore di lavoro formi i lavoratori addetti a una specifica attività senza specificare che anche il datore di lavoro ricade nell’obbligo di formazione (ex. revisione, integrazione e apposizione della segnaletica stradale, utilizzo DPI di III categoria, montaggio/uso/smontaggio di ponteggi e redazione de Pi.M.U.S.) non si deve considerare la formazione come obbligatoria per il datore di lavoro che dovesse prendere parte all’attività in questione, ma nulla vieta che lui partecipi ai relativi corsi.

La formazione sicurezza è sospesa?

La formazione sicurezza era stata sospesa e la validità di alcuni attestati prorogata. Ma qual è la situazione dopo il DPCM del 3 novembre?

La formazione sicurezza era stata sospesa, la validità di alcuni attestati prorogata e ora in molti non riescono più a capire quale sia la situazione attuale, anche alla luce delle nuove disposizioni nazionali (DPCM del 3 novembre) e regionali. Provo a fare chiarezza.

Scadenze dei corsi e stato di emergenza

La legge cosiddetta Cura Italia aveva disposto che tutti gli attestati relativi ai corsi di formazione in scadenza tra il 31/01/2020 e il 31/07/2020 mantenessero la loro validità fino al 31/10/2020, ossia fino a 90 giorni successivi alla dichiarazione di cessazione dello stato di emergenza. Lo stato di emergenza è stato prorogato (al momento sino al 31.01.2021), ma lo stesso non è stato per la disposizione di legge che aveva definito la proroga della validità dei corsi, così, allo stato attuale, gli attestati in scadenza dopo il 31/07/2020 devono essere aggiornati seguendo quanto richiesto dalla normativa di riferimento. E, se preferisci, puoi leggere la notizia dettagliata pubblicata da Aifos.

Ma come aggiornare la formazione? Non è stata sospesa dal DPCM del 3 novembre?

Ma come aggiornare la formazione? Non è stata sospesa dal DPCM del 3 novembre?

Che cosa dice il DPCM del 3 novembre

L’art. 1, comma 9, lettera s del DPCM del 3 novembre ha previsto che la formazione da effettuarsi in materia di salute e sicurezza è consentita, “a condizione che siano rispettate le misure di cui al «Documento tecnico sulla possibile rimodulazione delle misure di contenimento del contagio da SARS-CoV-2 nei luoghi di lavoro e strategie di prevenzione» pubblicato dall’INAIL“.

In molti hanno perso il dettaglio perché si trova alla 29a riga!

Il documento tecnico citato comprende indicazioni in merito alla definizione delle misure organizzative, di prevenzione e protezione e di lotta all’insorgenza di focolai epidemici e tiene conto anche del “Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro” stipulato tra Governo e Parti sociali il 14 marzo 2020. Quindi si può concludere che la formazione sicurezza non è sospesa, se chi la eroga segue le disposizioni contenute in questo documento.

E come funziona con le aree gialle, arancioni e rosse?

Tra le misure previste per le aree arancioni e rosse non è prevista alcuna disposizione più restrittiva in relazione alla formazione sicurezza, quindi l'attività può continuare anche nelle aree arancioni e rosse.

La formazione sicurezza non è mai sospesa

Tra le misure previste per le aree arancioni e rosse non è prevista alcuna disposizione più restrittiva in relazione alla formazione sicurezza, quindi l’attività può continuare anche nelle aree arancioni e rosse.

In pratica gli enti di formazione si stanno organizzando in modo da trasferire la maggior parte della formazione online, limitandosi a erogare la formazione in aula o comunque in presenza per i corsi in cui è prevista una parte pratica non erogabile altrimenti. Ma il servizio non è interrotto perché gli obblighi di formazione sono tutti in vigore e, anche nelle aree rosse, continuano a esserci attività lavorative autorizzate a continuare la propria attività.

Come verificare gli attestati di formazione sicurezza?

Che cosa bisogna guardare per verificare gli attestati di formazione sicurezza?

L’azienda assume nuovo personale che ha già frequentato alcuni corsi: come valutare se sono idonei? Oppure l’azienda riceve in distacco personale da altra azienda e deve verificare la validità degli attestati di formazione. O, ancora, si deve verificare la documentazione di fornitori, subappaltatori, noleggiatori a caldo. Che cosa bisogna guardare per verificare gli attestati di formazione sicurezza?

Regola n.1 “Servono le fondamenta”

La formazione sicurezza è una sorta di piramide: senza la formazione “base” (generale + specifica con aggiornamento quinquennale) non si possono acquisire corsi “successivi”. Quindi la verifica della formazione base è il punto di partenza per valutare l’adeguatezza della formazione di un lavoratore.

Si valutano:

  1. durata della formazione specifica in funzione del codice ATECO dell’attività;
  2. data di esecuzione della formazione che non deve essere più vecchia di 5 anni, quindi almeno ogni 5 anni deve risultare un aggiornamento di 6 ore.
La verifica della formazione base è il punto di partenza per valutare l'adeguatezza della formazione di un lavoratore.

Alcune eccezioni e la regola n.2 “Vince il rischio più alto”

Fanno eccezione alla regola n.1 i datori di lavoro, i dirigenti, gli RSPP e i coordinatori per la sicurezza:

  1. i datori di lavoro non hanno obbligo di formazione “base”;
  2. la formazione di dirigenti, RSPP e coordinatori per la sicurezza è valida come formazione generale + specifica, ma deve rispettare l’aggiornamento quinquennale.

Nel caso degli RSPP bisogna verificare la corrispondenza tra il settore per il quale è stata acquisita la formazione e quello dell’operatività attuale. La regola è che la formazione acquisita per attività classificate come più rischiose resta valida per quelle classificate a rischio minore.

Un esempio pratico per capire l’utilità di questi dettagli: un operatore che è stato titolare d’azienda e ha acquisito la formazione come RSPP chiude la sua impresa e viene assunto da terzi; la sua formazione di RSPP è valida come formazione generale e specifica se non ha cambiato settore operativo o se il nuovo settore è classificato a rischio più basso di quello di provenienza.

La formazione acquisita per attività classificate come più rischiose resta valida per quelle classificate a rischio minore.

Regola n.3 “Serve almeno l’ultimo aggiornamento

Tutta la formazione deve essere aggiornata (in linea teorica anche quando non ci sono indicazioni di legge).

La frequenza di aggiornamento ricade in uno di questi tre casi:

  1. triennale per il primo soccorso. Per analogia può essere richiesto per l’antincendio;
  2. quadriennale per gli addetti a montaggio, smontaggio e trasformazione ponteggi e la segnaletica stradale (per la formazione erogata ai sensi del Decreto Interministeriale del 4/03/2013);
  3. quinquennale per tutti gli altri casi (formazione “base”, preposti, dirigenti, attrezzature, RSPP, coordinatori per la sicurezza, segnaletica stradale dal D.M. 22 gennaio 2019). Il riferimento viene spesso adottato anche per gli ambienti confinati e/o sospetti di inquinamento.

La durata dell’aggiornamento è più variabile:

  • 3 ore per gli addetti a posa, integrazione e revisione della segnaletica stradale formati rispetto Decreto Interministeriale del 4/03/2013;
  • 4 ore per le attrezzature di lavoro e gli addetti a montaggio, trasformazione, uso e smontaggio dei ponteggi;
  • 6 ore per lavoratori, preposti, dirigenti e anche per li addetti a posa, integrazione e revisione della segnaletica stradale formati rispetto al D.M. 22 gennaio 2019;
  • 4 ore per il primo soccorso delle aziende dei gruppi B e C e 6 ore per le aziende del gruppo A;
  • 2 ore per il rischio basso dell’antincendio, 5 per il rischio medio e 8 per l’elevato;
  • 6 ore per il datore di lavoro che svolge il ruolo di RSPP in aziende classificate a rischio basso, 10 per il rischio medio e 14 per il rischio alto.
Non è necessario dover visionare e verificare tutti gli aggiornamenti di un corso specifico, ma di certo è necessario disporre dell'attestato di formazione iniziale e dell'ultimo aggiornamento.

Non è necessario dover visionare e verificare tutti gli aggiornamenti di un corso specifico, ma di certo è necessario disporre dell’attestato di formazione iniziale e dell’ultimo aggiornamento. Ci si può limitare a questi due attestati perché la regola è che, una volta acquisita la formazione iniziale, il lavoratore possa svolgere la specifica attività oggetto di formazione (ex. addetto primo soccorso) anche dopo un periodo di pausa, purché provveda all’aggiornamento della formazione.

Provo a spiegarmi con un esempio: un lavoratore viene formato per la conduzione della gru su autocarro e svolge l’attività per un paio d’anni, quindi il datore di lavoro decidere di fargli sospendere l’uso di quella attrezzatura per nuove esigenze organizzative; dopo 7 anni dal corso iniziale, il datore di lavoro decide di rimettere il lavoratore ai comandi della gru su autocarro e a quel punto, per poter utilizzare di nuovo questa attrezzature, il lavoratore deve partecipare al solo corso di aggiornamento.

Regola n.4 “Non basta il solo aggiornamento”

Se ci si ritrova tra le mani il solo attestato di aggiornamento di un corso non si può concludere che l’interessato abbia una formazione adeguata… Quindi bisogna richiedere la formazione iniziale! E con questo intendo dire che bisogna richiedere l’attestato relativo alla partecipazione al corso di formazione generale e specifica se si sta verificano la formazione “base”, oppure quello di 8 ore se si sta verificando il corso di preposto, e così via in base al corso che si sta verificando.

Se ci si ritrova tra le mani il solo attestato di aggiornamento di un corso non si può concludere che l'interessato abbia una formazione adeguata... Quindi bisogna richiedere la formazione iniziale.

L’attestato di formazione deve riportare la dicitura della tipologia di corso, la durata adeguata e la data (o le date) di esecuzione. Per la durata ecco uno specchietto di sintesi per orientarsi:

  • 4 ore di formazione generale per i lavoratori a cui si aggiunge una formazione specifica di 4, 8 o 12 ore a seconda che l’attività dell’azienda sia classifica a rischio basso, medio o alto;
  • 8 ore per i preposti;
  • 16 ore per i dirigenti;
  • per le attrezzature di lavoro puoi scaricare una sintesi da qui;
  • 28 ore per gli addetti a montaggio, trasformazione, uso e smontaggio dei ponteggi;
  • 8 ore per gli operatori e di 12 ore per i preposti a posa, integrazione e revisione della segnaletica stradale formati rispetto al D.M. 22 gennaio 2019;
  • 12 ore per il primo soccorso delle aziende dei gruppi B e C e 16 ore per le aziende del gruppo A;
  • 4 ore per il rischio basso dell’antincendio, 8 per il rischio medio e 16 per l’elevato;
  • 16 ore per il datore di lavoro che svolge il ruolo di RSPP in aziende classificate a rischio basso, 32 per il rischio medio e 48 per il rischio alto.

Regola n.5 “Gli attestati di formazione dipendono dalla mansione”

Non esiste una regola generale che stabilisca quali corsi di formazione debba avere frequentato un lavoratore, in genere i corsi di un lavoratore si valutano tenendo conto della mansione lavorativa.

Non esiste una regola generale che stabilisca di quali attestati di formazione debba disporre un lavoratore, in genere i corsi di un lavoratore si valutano tenendo conto della mansione lavorativa indicata sul suo certificato di idoneità oppure rispetto all’attività che deve essere svolta: se si sta gestendo il nolo a caldo di autogrù, il conducente dovrà disporre della formazione relativa all’attrezzatura specifica; se si stanno subappaltando alcune attività, tra i lavoratori del subappaltatore si deve trovare un numero adeguato di preposti e addetti alla gestione delle emergenze, oltre alla formazione eventualmente necessaria per svolgere le attività subappaltate (ex. montaggio, smontaggio e trasformazione ponteggi o posa, integrazione e revisione della segnaletica temporanea in caso di attività in presenza di traffico veicolare).

Hai un caso che non riesci a gestire con queste regole? Scrivimi nei commenti!

Stress lavoro correlato: le difficoltà della formazione

Lo stress lavoro correlato deve essere oggetto di formazione? La risposta è sì per tutte le figure del "sistema di prevenzione aziendale".

Lo stress lavoro correlato deve essere oggetto di formazione? La risposta è sì per tutte le figure del “sistema di prevenzione aziendale”: è un argomento previsto nella formazione specifica dei lavori e anche nei percorsi per gli RSPP, sia nel caso di svolgimento diretto dell’incarico da parte del datore di lavoro sia nel caso di figure diverse dal datore di lavoro.

In origine trattato con sufficienza, frainteso da alcuni come l’ennesimo elemento a tutela dei lavoratori e fattore ingestibile per i datori di lavoro, è un argomento che suscita interesse nei primi e resistenze da parte dei secondi. Anche se le vicende recenti legate alla pandemia potrebbero aver dato nuovo risalto all’argomento.

Non esiste un riferimento dettagliato in relazione ai contenuti minimi da trattare quando si parla di stress lavoro correlato in ambito formativo.

Contenuti minimi della formazione

Non esiste un riferimento dettagliato in relazione ai contenuti minimi da trattare quando si parla di stress lavoro correlato in ambito formativo ma, in genere, si segue uno schema in due fasi.

  1. Si parte dalla definizione di stress e di stress lavoro-correlato e dai fattori che influiscono sul fenomeno, quindi si passa alle sue manifestazioni e agli interventi che si possono mettere in atto per la sua gestione;
  2. si introduce poi l’argomento nel contesto del sistema di prevenzione aziendale, parlando di come svolgere la valutazione dei rischi e degli strumenti a disposizione per effettuarla.

Il quadro più semplice e completo della questione è stato delineato in un opuscolo interattivo realizzato da Inail, con il Centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ccm) e Regione Lombardia: è un’utile strumento sia per i formatori sia per interventi di sensibilizzazione da parte del datore di lavoro e del RSPP.

Uno degli aspetti più fraintesi dell'argomento è la natura "soggettiva" del rischio stress lavoro correlato, ossia il fatto che persone differenti possono rispondere in modo diverso a una stessa situazione, rendendo impossibile una valutazione in termini assoluti di condizione stressante.

La soggettività non può essere una scusa

Uno degli aspetti più fraintesi dell’argomento è la natura “soggettiva” del rischio, ossia il fatto che persone differenti possono rispondere in modo diverso a una stessa situazione, rendendo impossibile una valutazione in termini assoluti di condizione stressante.

La questione però non può essere utilizzata come giustificazione per evitare di porsi il problema, considerando che vi sono una serie di elementi per i quali si ha evidenza dell’effetto favorevole o sfavorevole rispetto al miglioramento della condizione di stress lavorativo. In altre parole non è necessario che il lavoratore manifesti uno stress lavorativo perché sia opportuno agire su quei fattori che, si sa, influiscono sulla probabilità di insorgenza di sintomi da stress lavoro correlato.

La gestione del rischio stress lavoro correlato richiede, come sempre, la disponibilità dell’organizzazione ad attuare dei cambiamenti.

La difficoltà operativa della gestione dello stress lavoro correlato

Il tema è molto sentito dai lavoratori che, spesso, mentre si mette a fuoco la questione, riconoscono nelle dinamiche illustrate quelle tipiche della propria realtà lavorativa: la consapevolezza aiuta a riconoscere il problema, ed è questo uno dei motivi per cui è prevista la formazione sull’argomento, anche mettendo in conto la possibilità di vittimismi.

La questione a quel punto si sposta sul piano operativo, perché la gestione del rischio richiede, come sempre, la disponibilità dell’organizzazione ad attuare dei cambiamenti. Dato che una delle caratteristiche del rischio stress lavoro correlato è la sua dipendenza dalle peculiarità della pratica lavorativa quotidiana, ed è tanto più probabile che manifesti le sue conseguenze quanto maggiore è l’esposizione al contesto “stressante”, pensare che parlare del problema sia già parte della soluzione non è sufficiente.

Lo stress lavoro correlato, da concetto astratto, ha assunto i contorni degli orari di lavoro infiniti, dell'inadeguatezza delle dotazioni di sicurezza e dell'assenza di riconoscimento del ruolo e dell'importanza di ciascuno.

Un argomento attualissimo

L’emergenza sanitaria legata al coronavirus ha portato l’argomento sotto gli occhi di tutti anche se, comprensibilmente, non lo si è citato con il suo termine tecnico.

Al di là dello stress percepito dalla popolazione in generale, è risultato evidente che alcune professionalità risentono del mancato riconoscimento del proprio valore e che le difficoltà o le incapacità organizzative incidono sulla possibilità dei singoli di svolgere il proprio lavoro e di far fronte alle difficoltà oggettive.

Lo stress lavoro correlato, da concetto astratto, ha assunto i contorni degli orari di lavoro infiniti, dell’inadeguatezza delle dotazioni di sicurezza e dell’assenza di riconoscimento del ruolo e dell’importanza di ciascuno.

La formazione aziendale: tutti vantaggi

La formazione aziendale è l'attività di formazione i cui contenuti sono costruiti su una realtà aziendale specifica.

La formazione aziendale è l’attività di formazione i cui contenuti sono costruiti su una realtà aziendale specifica. I corsi si possono tenere in azienda o presso un’ente di formazione, ma tra i partecipanti è presente solo il personale dipendente dall’azienda che ha organizzato la formazione, e possono essere relativi alla formazione obbligatoria oppure a percorsi creati per rispondere a esigenze o strategie imprenditoriali volontarie. Ma quali sono i vantaggi della formazione aziendale?

Personalizzazione

Che si tratti di formazione obbligatoria o di formazione realizzata per accrescere competenze specifiche del personale, il primo vantaggio della formazione aziendale è quello di consentire la piena personalizzazione dei contenuti.

Che si tratti di formazione obbligatoria o di formazione realizzata per accrescere competenze specifiche del personale, il primo vantaggio della formazione aziendale è quello di consentire la piena personalizzazione dei contenuti. La personalizzazione non riguarda solo gli argomenti da trattare, che in alcuni casi sono imposti dalla normativa, ma anche i dettagli operativi. Personalizzare consente di proporre esempi concreti, di parlare di questioni operative, passando subito dalla teoria alla pratica e mettendo a fuoco eventuali difficoltà applicative.

Pieno controllo dei contenuti

Avere il pieno controllo dei contenuti significa prima di tutto avere maggiori possibilità di mantenere alta l'attenzione dei corsisti.

Avere il pieno controllo dei contenuti significa prima di tutto avere maggiori possibilità di mantenere alta l’attenzione dei corsisti. I discenti sono adulti che sono incentivati a seguire la formazione se riescono a individuare le applicazioni immediate delle nozioni alla propria attività: gli argomenti non pertinenti rispetto alle loro esigenze sono facilmente percepiti come una perdita di tempo, e questa sensazione conduce rapidamente alla disattenzione. Contenuti poco pertinenti sono motivo di sfiducia verso il percorso di formazione e il docente. Laddove un contenuto non possa essere evitato per via di vincoli di legge, allora sarà il docente a dover individuare la modalità per presentarlo in modo che risulti di interesse. E qui ecco che arriviamo al vantaggio n.3 della formazione aziendale.

Scelta del formatore

La scelta del formatore non è mai secondaria, perché al di là delle qualifiche che possono essere necessarie, la formazione è efficace se chi conduce il corso è competente e ha adeguate capacità didattiche, ossia è in grado di gestire tutte le fasi del percorso di formazione e si impegna per favorire la comprensione e l’apprendimento da parte dei corsisti.

Ma come sostenere i costi della formazione aziendale?

La formazione risente sempre delle economie di scala: maggiore è il numero dei corsisti, minori sono i costi per partecipante. Ma è possibile pensare di sfruttare due strategie.

La formazione risente sempre delle economie di scala: maggiore è il numero dei corsisti, minori sono i costi per partecipante. Ma è possibile pensare di sfruttare due strategie:

  1. il finanziamento tramite Fondi interprofessionali o bandi specifici;
  2. la creazione di webcast, quindi di moduli di formazione in formato video, che si possono riproporre al personale di nuovo assunzione o in caso di cambio mansione, ammortizzando nel tempo i costi del percorso di formazione.

Ma è necessario il coinvolgimento della direzione?

L'esperienza del formatore può facilitare la progettazione dei percorsi di formazione aziendale, ma il coinvolgimento della direzione o, nelle realtà più strutturale, dell'ufficio del personale è necessario per avere garanzia che la personalizzazione dei contenuti sia effettiva e che la gerarchia dei contenuti sia corretta.

L’esperienza del formatore può facilitare la progettazione dei percorsi di formazione aziendale, ma il coinvolgimento della direzione o, nelle realtà più strutturale, dell’ufficio del personale è necessario per avere garanzia che la personalizzazione dei contenuti sia effettiva e che la gerarchia dei contenuti sia corretta. Al di là dell’impegno di tempo, però, si deve considerare il vantaggio che se ne ricava in termini di efficienza della formazione.

Qual è la formazione per i lavori in quota?

I lavori in quota espongo al rischio di caduta dall'alto, che deve essere oggetto di formazione specifica, ma non esistono obblighi in merito a un corso " lavori in quota" quanto a quelli relativi ai dispositivi o alle attrezzature che si utilizzano ai fini della gestione del rischio di caduta.

Partendo dal presupposto che i lavori in quota espongo al rischio di caduta dall’alto, che deve essere oggetto di formazione specifica, è vero però che non esistono obblighi in merito a un corso “ lavori in quota” quanto, piuttosto, a quelli relativi ai dispositivi o alle attrezzature che si utilizzano ai fini della gestione del rischio di caduta.

Mi spiego meglio.

Premessa

Si parla di lavori in quota (art. 107 D. L.vo 81/08 e ss.mm.ii), in ambito di cantiere e in ambito produttivo, quando il lavoratore è esposto a una rischio di caduta da una quota posta ad altezza superiore a 2 m rispetto a un piano stabile: non importa a quale quota si trovi a operare il lavoratore, importa “il dislivello” tra il piano di lavoro e il piano stabile.

Si parla di lavori in quota (art. 107 D. L.vo 81/08 e ss.mm.ii), in ambito di cantiere e in ambito produttivo,  quando il lavoratore è esposto a una rischio di caduta da una quota posta ad altezza superiore a 2 m rispetto a un piano stabile.

Gli strumenti per gestire il rischio di caduta dall’alto

La normativa prevede che il rischio sia gestito secondo una scala di priorità:

  1. scegliendo le attrezzature più adeguate rispetto all’ambiente di lavoro e all’attività da eseguire;
  2. privilegiando le misure di protezione collettiva rispetto alle misure di protezione individuale;
  3. scegliendo la modalità di accesso in quota più sicura in funzione di frequenza di circolazione, dislivello, durata dell’impiego e possibilità di evacuazione in caso di pericolo imminente;
  4. evitando lo svolgimento delle attività se le condizioni meteorologiche sono avverse;
  5. vietando l’assunzione e la somministrare di bevande alcoliche e superalcoliche agli operatori.
Non esiste un articolo di legge che parli del corso per lavori in quota, al contrario sono previsti corsi relativi all'utilizzo delle attrezzature, dei dispositivi e delle procedure di lavoro necessarie alla gestione del rischio di caduta dall'alto che è presente in questa tipologia di lavori.

Obblighi di formazione per i lavori in quota

Non esiste un articolo di legge che parli del corso per lavori in quota, al contrario sono previsti corsi relativi all’utilizzo delle attrezzature, dei dispositivi e delle procedure di lavoro necessarie alla gestione del rischio di caduta dall’alto che è presente in questa tipologia di lavori, e cioè:

  1. il posizionamento mediante funi (art. 116 e allegato XXI del D. L.vo 18/08);
  2. l’utilizzo dei DPI anticaduta (artt. 115 e 77 del D. L.vo 18/08);
  3. il montaggio, l’uso, la trasformazione e lo smontaggio dei ponteggi (art. 136 e allegato XXI del D. L.vo 18/08) con la specifica presenza di un preposto con funzione di sorveglianza (artt. 136 e 37 del D. L.vo 18/08).

Resta fermo il fatto che i lavori in quota espongono al rischio di caduta dall’alto che è un argomento previsto nella formazione specifica, il modulo di 4, 8 o 12 ore che insieme alla formazione generale completa la formazione “base” dei lavoratori.

In pratica, quale corso serve per i lavori in quota?

L’importante non è il nome ma il contenuto e per scegliere il corso corretto si seguono due strade:

  1. il lavoratore ha il modulo di formazione specifica che comprende il rischio di caduta dall’alto? Allora per lavorare in quota dovrà frequentare i corsi aggiuntivi relativi alle attrezzature e ai DPI che dovrà utilizzare, oltre a quello di preposto se svolge questa funzione;
  2. il lavoratore non ha una formazione specifica sul rischio di caduta dall’alto? Allora deve partecipare a un corso aggiuntivo sul rischio specifico, che può valere come aggiornamento della formazione specifica, può comprendere la formazione sui DPI e può chiamarsi “corso lavori in quota”. Ma questo non lo esonera dal dover frequentare i corsi per il posizionamento mediate funi, i ponteggi e la funzione di preposto, a seconda del ruolo che svolge e degli strumenti e alle procedure di lavoro a cui ricorre.

Abbastanza chiaro? In caso di dubbi, scrivimi!